C’è un suono che più di altri mette allegria e crea aspettativa. E’ quel “pop” che sentiamo ogni volta che stappiamo una bottiglia di vino.
Aprire una bottiglia di vino è un po’ una cerimonia, e come tutti i rituali, crea qualcosa di magico. Ci hai fatto caso? Improvvisamente le voci dei commensali si abbassano e i loro occhi si concentrano su chi ha l’onere e l’onore di questa operazione. Gesti ripetuti milioni di volte ogni giorno nel mondo, automatici, ma resi possibili da un unico piccolo strumento: il cavatappi. Un semplice oggetto, ma geniale, che nei secoli si è evoluto e ha assunto le forme più varie, senza mai perdere di vista la sua mission, ovvero liberare il vino dalla sua vitrea prigione.
Vetro, vino, tappi e sughero: a metter pace fra tutti, ad un certo punto, arrivò lui e fu una grande rivoluzione.
Un utensile ufficialmente nato dalla genialità britannica, dove ne venne brevettato il primo prototipo, ma che a Barolo, proprio ai piedi del castello, ha trovato un luogo in cui può esibire ogni sua declinazione, la sua storia e le sue trasformazioni nel tempo, ovvero il Museo dei Cavatappi. Nato nel 2006, su iniziativa di un appassionato farmacista di Torino, nei locali di una suggestiva cantina dai soffitti con volte a botte in mattone, questo tempio dedicato al cavaturaccioli ospita oltre 500 esemplari provenienti da tutto il mondo, con pezzi unici realizzati già a partire dalla seconda metà del ‘600.

Una chicca per gli amanti del vino, ma anche per gli appassionati di design.
Nel percorso di visita, suddiviso in 19 sezioni, ti verranno svelate tantissime curiosità e potrai ammirare l’evoluzione di questo semplice oggetto: dalle rudimentali viti ispirate al “cavapallottole” alle più recenti versioni high tech e di tendenza.