Il cammino per l’Abbazia di Vezzolano, con qualsiasi mezzo vorrai affrontarlo, ti obbligherà a guardare questo territorio con occhi nuovi.
Dimentica i paesaggi tipici a cui ti sei abituato nel tuo girovagare, distese di vigneti, interrotti qua e là da noccioleti. Questo angolo di Monferrato ti porta in una nuova dimensione dove le strade si stringono, le colline sono per lo più ricoperte da boschi e le valli si colorano di grano e coltivi. Le vigne ci sono ancora, queste sono le colline del Freisa e di ottimi Grignolino e Barbera, ma non sono così preponderanti come altrove. Qui tutto è più vario e al tempo stesso più intimo: non a caso stai attraversando le poco antropizzate Terre dei Santi. Ruralità e fede, angoli in cui andare alla ricerca di meravigliose pievi campestri fino a raggiungere la suggestiva Canonica di Santa Maria di Vezzolano ad Albugnano.
Abbazia di Vezzolano: una storia, ma tante leggende.
Antica, rinomata fin da epoche lontane, custodita in una valletta boscosa, quasi fosse adagiata su un protettivo giaciglio verde. Della sua esistenza se ne parla in un documento del 1095, ma le sue origini restano ancora incerte e nei secoli si sono caricate di un’aura di mistero. Una prima fantastica narrazione parla di frane che la fecero scivolare a valle, un evento che fu considerato un segno divino: la chiesa, quindi, sorge esattamente nel luogo dove Dio aveva scelto venisse edificata. Un salto temporale ed eccoci all’epoca delle chansons de geste e al suo grande ispiratore: Carlo Magno. La leggenda vuole che questi si trovasse proprio nei dintorni di Albugnano impegnato in una battuta di caccia quando fu sconvolto dalla macabra visione di tre fantasmi. Fatto che lo spinse ad ordinare la costruzione della Canonica. Sarà pur sempre fantasia, ma di sicuro è reale l’affresco visibile in un angolo del chiostro. Rappresenta una scena chiamata del «contrasto dei tre vivi e dei tre morti», nella quale nobili cavalieri, con cavalli, falconi e cani si imbattono in un eremita che mostra loro tre tombe scoperchiate con altrettanti cadaveri.

Un condensato di bellezza, fascino e mito.
E poi ancora storia, quella che intreccia le sorti dell’Abbazia di Vezzolano con il temutissimo Barbarossa o con Carlo VIII, re di Francia. Arriva a noi così, con il suo ricco bagaglio di aneddoti questo gioiello fatto di arenaria bianca e di cotto rosso mattone, con la sua pianta di tipo basilicale, a tre navate e il rarissimo e pregiato pontile sostenuto da colonnine, chiamato jubè: una soluzione architettonica assai rara, adottata tra il XII e il XIII secolo e resa preziosa dalle originali coloriture realizzate con il rarissimo lapislazzulo del Caucaso.